La tela, che il soggetto fa porre in relazione con una confraternita d'altare di fabbri e maniscalchi, attiva presso la chiesa di San Giovanni in Statua, abbattutta nel 1929, separa la scena in due ambiti distinti secondo la scansione narrativa tipica della maniera manentiana: in primo piano, il Santo Vescovo Eligio riccamente abbigliato con le insegne della sua dignità, affiancato da due canonici, si china per osservare la zampa mozzata che il garzone inginocchiato gli porge. Nello scorcio che si apre a sinistra, delimitato da un arco che immette in una via cittadina, si compie la scena del miracolo.